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CHIRURGIA CON RICOVERO

Le patologie di più frequente osservazione come le emorroidi la ragade  le fistole e i condilomi, qualora non possano essere trattate a livello ambulatoriale, possono essere affrontate in regime di "Day-Surgery" (senza ricovero notturno) o  "One Day Surgery" ovvero ricovero fino al mattino successivo all'intervento presso ospedali privati taluni dei quali anche accreditati con il SSN.

 

L'intervento viene eseguito in sala operatoria in regime di sicurezza analogo ai pazienti ospedalizzati ma con tecniche operatorie ed anestesiologiche tali da permettere il rapido recupero dell'autosufficienza già dopo poche ore.

 

E' di fondamentale importanza in chirurgia proctologica che il paziente sia perfettamente informato sul tipo di intervento effettuato e sul comportamento che dovrà tenere dopo il ritorno a casa. Viene rilasciato un foglio esplicativo con le istruzioni per i giorni successivi fino al controllo clinico. Il paziente viene contattato telefonicamente la sera dell'intervento e la mattina successiva; durante la notte viene garantita la reperibilità in caso di necessità.

 

Emorroidectomia secondo Milligan-Morgan

Prolassectomia e anopessia secondo Longo

Legatura arterie emorroidaria su guida doppler (DGHAL o THD)

Trattamento di ascesso e fistola anale

Trattamento ragade anale

Trattamento delle lesioni da HPV (condilomi)

Trattamento della cisti pilonidale

EMORROIDECTOMIA SECONDO MILLIGAN-MORGAN

La Emorroidectomia sec. Milligan-Morgan è il metodo chirurgico più tradizionale e radicale ed anche il più conosciuto e applicato. È necessario quando le emorroidi sono prevalentemente esterne.

 

L’intervento ha lo scopo di rimuovere i gavoccioli emorroidari che sono la causa del sanguinamento e del prolasso. Viene eseguito in anestesia generale o spinale, necessita di un ricovero ospedaliero di una notte (One Day-Surgery) e di un periodo di inattività di almeno due settimane. Sono presenti ferite chirurgiche che richiedono un tempo di guarigione di circa un mese e il post-operatorio può comportare un certo grado di dolore alle ferite chirurgiche.

 

Può essere effettuata utilizzando il tradizionale bisturi elettrico o i più moderni bisturi a ultrasuoni, a radiofrequenza o il Laser CO2. La tecnica operatoria è la stessa, cambia la tecnologia. Le complicanze più temute sono il sanguinamento postoperatorio e gli esiti in stenosi o ridotta continenza, tuttavia i risultati a lungo termine sono tuttora i più sicuri, basandosi sulle evidenze che emergono da casistiche ampissime e con lunghissimo follow up medio, trattandosi di una tecnica introdotta già prima degli anni 50.

PROLASSECTOMIA E ANOPESSIA SECONDO LONGO

La Prolassectomia e Anopessia sec. Longo consiste nell’asportazione di un cilindro di mucosa anorettale prolassante, nella conseguente anopessia (ovvero nella trazione verso l’alto della mucosa che riveste il canale anale) e nell’interruzione dei rami emorroidali arteriosi superiori per mezzo di una suturatrice meccanica circolare. E’ indicata nelle emorroidi interne prolassanti. Il tessuto emorroidario non viene asportato se non in minima parte ma viene riportato in alto nella sede anatomica corretta.

 

Richiede ricovero ospedaliero e una anestesia generale o locoregionale. Non prevede ferite esterne per cui è solitamente meno dolorosa della emorroidectomia sec Milligan-Morgan e permette un più rapido recupero dell’attività lavorativa. La tecnica è molto diffusa e ben accettata dai pazienti. Le complicanze non sono frequenti ma sono stati descritti alcuni gravi casi di sepsi e di emorragie postoperatorie.

 

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LEGATURA ARTERIE EMORROIDARIA SU GUIDA DOPPLER (DGHAL O THD)

La legatura delle arterie emorroidarie su guida doppler (DGHAL e THD) è un metodo di recentissima applicazione e consiste nell’identificazione dei rami arteriosi emorroidali, che rappresentano i rami terminali della arteria emorroidaria superiore, a livello del passaggio ano-rettale mediante una sonda Doppler ed alla loro legatura transmucosa con semplice filo di sutura. Questa metodica, resa semplice dall’uso di uno strumento dedicato l’ HAL Doppler o il THD, consente di ridurre drasticamente l’afflusso di sangue arterioso ai plessi emorroidali con conseguente diminuzione del loro volume e cessazione o riduzione del sintomo sanguinamento. E’ una metodica che non prevede ferite chirurgiche, può essere effettuata con anestesia locoregionale in regime di Day-Surgery, ha un decorso postoperatorio abitualmente poco doloroso e consente di riprendere le normali attività anche dopo solo 48 ore.

 

Non sono state descritte complicanze postoperatorie importanti nelle maggiori casistiche internazionali pubblicate nelle riviste scientifiche del settore. Lo scopo della DGHAL non è quello di eliminare il tessuto emorroidario, importante per la sensibilità del canale anale e utile nei meccanismi della continenza fecale, bensì quello di risolvere, o ridurre sensibilmente, i sintomi della patologia emorroidaria (sanguinamento, prolasso, dolore).

 

La DGHAL è un intervento conservativo, assai poco cruento e sembrerebbe trovare la migliore indicazione nelle emorroidi sintomatiche agli stadi precoci quando non vi sarebbe ancora, secondo gli standard attuali, una indicazione alla emorroidectomia chirurgica. Questo potrebbe rallentare la naturale evoluzione della patologia emorroidaria. Al momento attuale non è possibile fare previsioni attendibili su eventuali recidive a distanza di anni in quanto la tecnica è stata introdotta nella pratica clinica italiana solo nel 2000.

 

In presenza di prolasso la sola legatura su guida Doppler delle arterie emorroidarie si è dimostrata spesso insufficiente, percui sempre più spesso viene abbinata ad emorroidopessia

 

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TRATTAMENTO DI ASCESSO E FISTOLA ANALE

La cura degli ascessi e delle fistole anali è principalmente chirurgica. Molto spesso il trattamento chirurgico necessita, a seconda della complessità degli ascessi e delle fistole, di più operazioni e proprio per questo si possono prevedere tempi di guarigione abbastanza lunghi e numerosi controlli ambulatoriali.

L’ascesso va trattato in urgenza, anche ambulatorialmente, mediante incisione e drenaggio. Questo permette la fuoriuscita del pus dalla cavità ascessuale e l’immediato miglioramento clinico.

La terapia chirurgica delle fistole rappresenta una chirurgia molto delicata poiché incauti trattamenti possono comportare serie lesioni all’apparato sfinterico e causare incontinenza fecale. Una volta effettuato il drenaggio della raccolta ascessuale o in caso di fistola con orifizio esterno già presente al momento della diagnosi è spesso possibile procedere ambulatorialmente al posizionamento di un filo di drenaggio (setone) lungo il tramite della fistola (da orifizio esterno ad interno).

L’obiettivo di questo trattamento è mantenere costantemente pervio il tramite di drenaggio dell’ascesso e impedire che si possa formare una nuova raccolta di pus. La bonifica così ottenuta della cavità ascessuale e del tramite fistoloso permette di ottenere rapido sollievo dai sintomi, risolvere la sepsi perianale impedendo un ulteriore aggravamento del quadro clinico e infine rappresenta un indispensabile trattamento “ponte” che conduca alle condizioni necessarie per il trattamento chirurgico definitivo, solitamente eseguito in regime di Day-Surgery o One-day Surgery.

 

Diverse sono le opzioni possibili, la cui scelta dipende dalla complessità del quadro iniziale (fistola semplice o complessa, fistola alta o bassa) e dai risultati ottenuti dopo la prima fase del trattamento. La valutazione preoperatoria del tipo di intervento da applicare al singolo caso si basa sull’esame obiettivo e sull’esecuzione di un’ecografia transanale ma spesso la scelta definitiva è possibile solo in sede intraoperatoria quando, grazie all’anestesia, possono essere più agevolmente studiati i rapporti anatomici con i muscoli dell’apparato sfinterico.

Per una fistola semplice e bassa può essere indicato un intervento di fistulotomia o di fistulectomia. Per una fistola alta, in cui la sezione del tramite potrebbe compromettere eccessivamente la muscolatura sfinteriale può essere indicato ricorrere ad un intervento sphincter saving con confezionamento di un flap mucoso rettale o di un flap mucocutaneo oppure con utilizzo di materiale protesico per la chiusura dell’orifizio interno (PLUG), oppure con un intervento di legatura del tratto intersfinterico della fistola (LIFT) o infine con un trattamento endoscopico del tramite fistoloso (VAAFT).

 

TRATTAMENTO RAGADE ANALE

L’indicazione al trattamento chirurgico è riservato ai casi di ragade anale cronica causa di importanti disturbi al paziente dopo il fallimento della terapia medica conservativa.

 

L’intervento chirugico prevede l’escissione della ragade e la sezione parziale del muscolo sfintere interno (sfinterotomia) al fine di ridurre l’ipertono del muscolo stesso e favorire così un’adeguata circolazione sanguigna e quindi la guarigione della ragade.

 

Tale intervento necessita di una anestesia locale o locoregionale che può essere o meno associata a sedazione.

 

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TRATTAMENTO DELLE LESIONI DA HPV (CONDILOMI)

Eseguiamo la fotovaporizzazione Laser CO2 delle lesioni anali da HPV. Tale intervento, nella quasi totalità dei casi, viene effettuato a livello ambulatoriale presso il Poliambulatorio Proctal in anestesia locale del canale anale ed eventuale sedazione anestesiologica. Ove necessario si può anche ricorrere a ricovero e anestesia spinale o generale.

 

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TRATTAMENTO DELLA CISTI PILONIDALE

ASPORTAZIONE RADICALE TRADIZIONALE

 

Il trattamento radicale della cisti pilonidale è garantito solo dalla ampia asportazione in blocco del granuloma con i suoi tragitti fistolosi e della cute soprastante contenente gli sbocchi delle fistole.

Questo intervento comporta la creazione di una ampia ferita chirurgica che arriva, in profondità, al piano fasciale presacrale.

Sono state descritte numerose tecniche chirurgiche che si differenziano fra loro per il diverso trattamento della suddetta ferita.

Ancora oggi molti chirurghi lasciano aperta la ferita per una guarigione spontanea “per seconda intenzione”. Questa tecnica è semplice e rapida e può essere effettuata anche a livello ambulatoriale in anestesia locale. Le recidive sono rare ma il tempo di guarigione della ferita dura da 40 a 70 giorni, richiede molte medicazioni e determina disagio nella vita di relazione.

I metodi che comportano la sutura diretta dei lembi della ferita garantirebbero una guarigione più rapida (circa 15 giorni) ma sono spesso dolorosi nel postoperatorio e sono gravati da una percentuale di recidiva o di cedimento della sutura piuttosto elevata (fino al 36% nelle varie casistiche pubblicate). In caso di parziale cedimento della sutura, le medicazioni necessarie sono spesso dolorose.

La incostanza dei risultati fa sì che, per lo stesso problema, vi siano chirurghi che propongono interventi minimi ambulatoriali ed altri invece interventi con ricovero prolungato ed anestesia generale.

Riserviamo l'asportazione radicale (generalmente ricorrendo alla sutura diretta della ferita) ai casi di fallimento delle tecniche mini invasive.

 

 

ASPORTAZIONE RADICALE E PLASTICA CON LEMBO DI TRASPOSIZIONE

 

Si tratta di una tecnica di chirurgia plastica che prevede la chiusura della ferita con lembi di trasposizione. I vantaggi sono costituiti dalla chiusura immediata della ferita senza tensione (e di conseguenza con minore rischio di cedimenti della sutura) e dalla formazione di un soffice cuscinetto di tessuto adiposo in corrispondenza della linea interglutea che, riducendo il naturale affossamento cutaneo presente a tale livello, diminuisce il rischio di “incistamento” di peli.

Permette di eseguire ampie asportazioni di tessuto e quindi una radicalità maggiore rispetto alle tecniche di sutura diretta dei lembi della ferita. Richiede una anestesia locoregionale o generale, un drenaggio aspirativo per 24 - 48 ore e conseguente ricovero di due giorni. Il decorso postoperatorio è praticamente indolore e permette una deambulazione già dopo 3 - 4 ore dall’intervento.

Per una buona guarigione della ferita sono necessari 15 giorni di riposo dalle attività fisiche e il cambio della medicazione una volta al giorno. E’ frequente la formazione di siero nel sottocute che può richiedere una o due aspirazioni con siringa. E’ opportuna una copertura antibiotica per alcuni giorni per ridurre il rischio di infezione.

Riserviamo questa tecnica ai casi di fallimento della asportazione radicale o in casi di ampie ulcerazioni cutanee.

 

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La patologia proctologica, per la delicatezza della regione anatomica interessata, richiede un approccio ultraspecialistico.

L'obiettivo del nostro team, partendo dall'accurato ascolto del paziente, è di condurlo alla diagnosi precisa e al trattamento corretto.

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LEGATURA ARTERIE EMORROIDARIA SU GUIDA DOPPLER (DGHAL O THD)

La legatura delle arterie emorroidarie su guida doppler (DGHAL e THD) è un metodo di recentissima applicazione e consiste nell’identificazione dei rami arteriosi emorroidali, che rappresentano i rami terminali della arteria emorroidaria superiore, a livello del passaggio ano-rettale mediante una sonda Doppler ed alla loro legatura transmucosa con semplice filo di sutura. Questa metodica, resa semplice dall’uso di uno strumento dedicato l’ HAL Doppler o il THD, consente di ridurre drasticamente l’afflusso di sangue arterioso ai plessi emorroidali con conseguente diminuzione del loro volume e cessazione o riduzione del sintomo sanguinamento. E’ una metodica che non prevede ferite chirurgiche, può essere effettuata con anestesia locoregionale in regime di Day-Surgery, ha un decorso postoperatorio abitualmente poco doloroso e consente di riprendere le normali attività anche dopo solo 48 ore.

 

Non sono state descritte complicanze postoperatorie importanti nelle maggiori casistiche internazionali pubblicate nelle riviste scientifiche del settore. Lo scopo della DGHAL non è quello di eliminare il tessuto emorroidario, importante per la sensibilità del canale anale e utile nei meccanismi della continenza fecale, bensì quello di risolvere, o ridurre sensibilmente, i sintomi della patologia emorroidaria (sanguinamento, prolasso, dolore).

 

La DGHAL è un intervento conservativo, assai poco cruento e sembrerebbe trovare la migliore indicazione nelle emorroidi sintomatiche agli stadi precoci quando non vi sarebbe ancora, secondo gli standard attuali, una indicazione alla emorroidectomia chirurgica. Questo potrebbe rallentare la naturale evoluzione della patologia emorroidaria. Al momento attuale non è possibile fare previsioni attendibili su eventuali recidive a distanza di anni in quanto la tecnica è stata introdotta nella pratica clinica italiana solo nel 2000.

 

In presenza di prolasso la sola legatura su guida Doppler delle arterie emorroidarie si è dimostrata spesso insufficiente, percui sempre più spesso viene abbinata ad emorroidopessia

 

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TRATTAMENTO DELLA CISTI PILONIDALE

ASPORTAZIONE RADICALE TRADIZIONALE

 

Il trattamento radicale della cisti pilonidale è garantito solo dalla ampia asportazione in blocco del granuloma con i suoi tragitti fistolosi e della cute soprastante contenente gli sbocchi delle fistole.

Questo intervento comporta la creazione di una ampia ferita chirurgica che arriva, in profondità, al piano fasciale presacrale.

Sono state descritte numerose tecniche chirurgiche che si differenziano fra loro per il diverso trattamento della suddetta ferita.

Ancora oggi molti chirurghi lasciano aperta la ferita per una guarigione spontanea “per seconda intenzione”. Questa tecnica è semplice e rapida e può essere effettuata anche a livello ambulatoriale in anestesia locale. Le recidive sono rare ma il tempo di guarigione della ferita dura da 40 a 70 giorni, richiede molte medicazioni e determina disagio nella vita di relazione.

I metodi che comportano la sutura diretta dei lembi della ferita garantirebbero una guarigione più rapida (circa 15 giorni) ma sono spesso dolorosi nel postoperatorio e sono gravati da una percentuale di recidiva o di cedimento della sutura piuttosto elevata (fino al 36% nelle varie casistiche pubblicate). In caso di parziale cedimento della sutura, le medicazioni necessarie sono spesso dolorose.

La incostanza dei risultati fa sì che, per lo stesso problema, vi siano chirurghi che propongono interventi minimi ambulatoriali ed altri invece interventi con ricovero prolungato ed anestesia generale.

Riserviamo l'asportazione radicale (generalmente ricorrendo alla sutura diretta della ferita) ai casi di fallimento delle tecniche mini invasive.

 

 

ASPORTAZIONE RADICALE E PLASTICA CON LEMBO DI TRASPOSIZIONE

 

Si tratta di una tecnica di chirurgia plastica che prevede la chiusura della ferita con lembi di trasposizione. I vantaggi sono costituiti dalla chiusura immediata della ferita senza tensione (e di conseguenza con minore rischio di cedimenti della sutura) e dalla formazione di un soffice cuscinetto di tessuto adiposo in corrispondenza della linea interglutea che, riducendo il naturale affossamento cutaneo presente a tale livello, diminuisce il rischio di “incistamento” di peli.

Permette di eseguire ampie asportazioni di tessuto e quindi una radicalità maggiore rispetto alle tecniche di sutura diretta dei lembi della ferita. Richiede una anestesia locoregionale o generale, un drenaggio aspirativo per 24 - 48 ore e conseguente ricovero di due giorni. Il decorso postoperatorio è praticamente indolore e permette una deambulazione già dopo 3 - 4 ore dall’intervento.

Per una buona guarigione della ferita sono necessari 15 giorni di riposo dalle attività fisiche e il cambio della medicazione una volta al giorno. E’ frequente la formazione di siero nel sottocute che può richiedere una o due aspirazioni con siringa. E’ opportuna una copertura antibiotica per alcuni giorni per ridurre il rischio di infezione.

Riserviamo questa tecnica ai casi di fallimento della asportazione radicale o in casi di ampie ulcerazioni cutanee.

 

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LEGATURA ARTERIE EMORROIDARIA SU GUIDA DOPPLER (DGHAL O THD)

La legatura delle arterie emorroidarie su guida doppler (DGHAL e THD) è un metodo di recentissima applicazione e consiste nell’identificazione dei rami arteriosi emorroidali, che rappresentano i rami terminali della arteria emorroidaria superiore, a livello del passaggio ano-rettale mediante una sonda Doppler ed alla loro legatura transmucosa con semplice filo di sutura. Questa metodica, resa semplice dall’uso di uno strumento dedicato l’ HAL Doppler o il THD, consente di ridurre drasticamente l’afflusso di sangue arterioso ai plessi emorroidali con conseguente diminuzione del loro volume e cessazione o riduzione del sintomo sanguinamento. E’ una metodica che non prevede ferite chirurgiche, può essere effettuata con anestesia locoregionale in regime di Day-Surgery, ha un decorso postoperatorio abitualmente poco doloroso e consente di riprendere le normali attività anche dopo solo 48 ore.

 

Non sono state descritte complicanze postoperatorie importanti nelle maggiori casistiche internazionali pubblicate nelle riviste scientifiche del settore. Lo scopo della DGHAL non è quello di eliminare il tessuto emorroidario, importante per la sensibilità del canale anale e utile nei meccanismi della continenza fecale, bensì quello di risolvere, o ridurre sensibilmente, i sintomi della patologia emorroidaria (sanguinamento, prolasso, dolore).

 

La DGHAL è un intervento conservativo, assai poco cruento e sembrerebbe trovare la migliore indicazione nelle emorroidi sintomatiche agli stadi precoci quando non vi sarebbe ancora, secondo gli standard attuali, una indicazione alla emorroidectomia chirurgica. Questo potrebbe rallentare la naturale evoluzione della patologia emorroidaria. Al momento attuale non è possibile fare previsioni attendibili su eventuali recidive a distanza di anni in quanto la tecnica è stata introdotta nella pratica clinica italiana solo nel 2000.

 

In presenza di prolasso la sola legatura su guida Doppler delle arterie emorroidarie si è dimostrata spesso insufficiente, percui sempre più spesso viene abbinata ad emorroidopessia

 

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TRATTAMENTO DELLA CISTI PILONIDALE

ASPORTAZIONE RADICALE TRADIZIONALE

 

Il trattamento radicale della cisti pilonidale è garantito solo dalla ampia asportazione in blocco del granuloma con i suoi tragitti fistolosi e della cute soprastante contenente gli sbocchi delle fistole.

Questo intervento comporta la creazione di una ampia ferita chirurgica che arriva, in profondità, al piano fasciale presacrale.

Sono state descritte numerose tecniche chirurgiche che si differenziano fra loro per il diverso trattamento della suddetta ferita.

Ancora oggi molti chirurghi lasciano aperta la ferita per una guarigione spontanea “per seconda intenzione”. Questa tecnica è semplice e rapida e può essere effettuata anche a livello ambulatoriale in anestesia locale. Le recidive sono rare ma il tempo di guarigione della ferita dura da 40 a 70 giorni, richiede molte medicazioni e determina disagio nella vita di relazione.

I metodi che comportano la sutura diretta dei lembi della ferita garantirebbero una guarigione più rapida (circa 15 giorni) ma sono spesso dolorosi nel postoperatorio e sono gravati da una percentuale di recidiva o di cedimento della sutura piuttosto elevata (fino al 36% nelle varie casistiche pubblicate). In caso di parziale cedimento della sutura, le medicazioni necessarie sono spesso dolorose.

La incostanza dei risultati fa sì che, per lo stesso problema, vi siano chirurghi che propongono interventi minimi ambulatoriali ed altri invece interventi con ricovero prolungato ed anestesia generale.

Riserviamo l'asportazione radicale (generalmente ricorrendo alla sutura diretta della ferita) ai casi di fallimento delle tecniche mini invasive.

 

ASPORTAZIONE RADICALE E PLASTICA CON LEMBO DI TRASPOSIZIONE

 

Si tratta di una tecnica di chirurgia plastica che prevede la chiusura della ferita con lembi di trasposizione. I vantaggi sono costituiti dalla chiusura immediata della ferita senza tensione (e di conseguenza con minore rischio di cedimenti della sutura) e dalla formazione di un soffice cuscinetto di tessuto adiposo in corrispondenza della linea interglutea che, riducendo il naturale affossamento cutaneo presente a tale livello, diminuisce il rischio di “incistamento” di peli.

Permette di eseguire ampie asportazioni di tessuto e quindi una radicalità maggiore rispetto alle tecniche di sutura diretta dei lembi della ferita. Richiede una anestesia locoregionale o generale, un drenaggio aspirativo per 24 - 48 ore e conseguente ricovero di due giorni. Il decorso postoperatorio è praticamente indolore e permette una deambulazione già dopo 3 - 4 ore dall’intervento.

Per una buona guarigione della ferita sono necessari 15 giorni di riposo dalle attività fisiche e il cambio della medicazione una volta al giorno. E’ frequente la formazione di siero nel sottocute che può richiedere una o due aspirazioni con siringa. E’ opportuna una copertura antibiotica per alcuni giorni per ridurre il rischio di infezione.

Riserviamo questa tecnica ai casi di fallimento della asportazione radicale o in casi di ampie ulcerazioni cutanee.

 

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